Published On: 24 Aprile 2023

Oggi voglio parlarti del movimento di attivismo della moda più grande al mondo, la Fashion Revolution, fondata da Carry Somers e Orsola de Castro, dopo il disastro del Rana Plaza nel 2013.

Ogni anno viene organizzata la campagna Fashion Week Revolution per sette giorni d’azione, dal 22 al 29 aprile.

Oggi 24 aprile ricorre il 10° anniversario del Rana Plaza. Ma cosa è successo quel giorno?

Il 24 aprile 2013, l’edificio della fabbrica Rana Plaza a Dhaka, in Bangladesh, è crollato a seguito di un incidente, dove 1.138 persone hanno perso la vita ed altre 2.500 sono rimaste ferite, rendendolo il quarto più grande disastro industriale della storia. I lavoratori e le lavoratrici delle cinque fabbriche di abbigliamento presenti nell’edificio sapevano che la struttura non era sicura, visto che erano stati evacuati il giorno prima, ma sotto la minaccia di perdere un mese di salario e senza avere un sindacato che li rappresentasse, sono stati costretti ad entrare.

Il Rana Plaza ha esposto la diffusa mancanza di trasparenza nelle catene di approvvigionamento della moda globale e come questa possa costare vite umane.

All’interno dell’industria della moda globale, i salari dei lavoratori tessili sono bassi, i marchi continuano a rifornirsi da regioni in cui è impossibile, difficile e/o pericoloso per i lavoratori formare sindacati e contrattare per maggiori diritti, c’è mancanza di salute, sicurezza e tracciabilità.

Dal 2013 la sicurezza in Bangladesh è migliorata notevolmente, grazie all’Accordo internazionale per la salute e la sicurezza nell’industria tessile e dell’abbigliamento. L’Accordo ha avuto successo perché è legalmente applicabile, dà potere ai sindacati e ha al centro ispezioni indipendenti, formazione dei lavoratori e un meccanismo di reclamo.

Dopo il Rana Plaza, decine di marchi hanno firmato l’Accordo vincolante per l’attuazione di un programma di sicurezza che ha impedito il ripetersi di disastri come quello. L’Accordo ha reso i luoghi di lavoro più sicuri per 2,5 milioni di lavoratori e lavoratrici attraverso la ristrutturazione delle fabbriche e i programmi di formazione. Oltre 40 tra i più grandi marchi della moda lo hanno sottoscritto: ASOS, H&M, Primark, Zara, etc…

Invece sono 12 i marchi che hanno deciso di anteporre i propri profitti alla vita dei lavoratori in Bangladesh e Pakistan, non firmando l’Accordo, quali Amazon, ASDA, Columbia Sportswear, Decathlon, Ikea, JC Penney, Kontoor Brands (Wrangler, Lee e Rock & Republic), Levi’s, Target, Tom Tailor, URBN (Urban Outfitters, Anthropologie, Free People) e Walmart.

L’attuale mandato biennale dell’Accordo internazionale scadrà nell’ottobre 2023 e dovrà essere sostituito da un nuovo accordo con garanzie altrettanto forti. Sarà necessario il sostegno di tutti i 192 marchi che hanno firmato l’accordo e di quelli che non l’hanno firmato.

È giunto il momento di chiedere che nessuno più muoia per la moda! Firmiamo insieme le petizioni!

Nel 2018, Fashion Revolution ha creato un manifesto in 10 punti che consolida la propria visione di un’industria della moda globale che preserva e ripristina l’ambiente e valorizza le persone rispetto alla crescita e al profitto. Da allora, oltre 14.000 persone in tutto il mondo hanno firmato il loro nome a sostegno della trasformazione di queste richieste in realtà. 

Uniamoci per dire a questa sporca dozzina di firmare l’Accordo Internazionale!

Firma la petizione qui: Rana Plaza: 10 anni dopo – Campagna Abiti Puliti

Good Clothes, Fair Pay” (Vestiti buoni, paga equa) è una campagna che chiede una legislazione sul salario di sussistenza in tutto il settore dell’abbigliamento, tessile e calzaturiero. Abbiamo bisogno di un milione di firme di cittadini dell’UE entro luglio 2023 per spingere per una legislazione rivoluzionaria che imponga alle aziende di condurre due diligence salariali di sussistenza nelle loro catene di approvvigionamento globali.

Firma la petizione qui: Good Clothes, Fair Pay (goodclothesfairpay.eu)