Published On: 30 Gennaio 2021

JESA, DONNE TESSITRICI NELL’IRPINIA D’ORIENTE  (di Sasy Spinelli)

“Tra il cuore e il fegato
di ciò che rimane
del centro storico
della città gentile,
c’è una donna
che tesse la trama
della sua vita
delicata e fragile,
come la seta.

Accanto a lei,
una bambina,
nel suo intreccio
inconsapevole d’infanzia,
costruisce scialli
di resilienza,
col telaio di Akka,
legando fili di Sud
che non si fanno semplificare.”

L’Irpinia, come tante delle nostre aree interne, è un luogo “piccolo”, una di quelle terre amene per chi vive nel caos delle città e “paranoiche” per chi, invece, ci trascorre la propria vita, soprattutto in gioventù. Marchiata in maniera indelebile dalla sciagura che, nel 1980, ne stravolse volto e geografia, questa terra torna alla ribalta annualmente, il 23 novembre, proprio in occasione dell’anniversario del grande terremoto, i cui segni evidentissimi sono presenti tuttora nella disgregazione, non solo fisica, dei paesi e nei cosiddetti piani regolatori, per poi quasi sparire dai media nazionali, persa tra spopolamento ed emigrazione. In uno dei paesini di questa parte d’Italia, Bisaccia, si muove una storia di donne, di tessitrici di un filo che intreccia parti di vita, rapporti, passioni. La voce che racconta oggi questo spaccato è Jessica, figlia cronologicamente lontana da quel 1980 e testimone di una vita che procede, si arrampica sui ruderi che la circondano e crea nuovi orizzonti, pur con le proprie radici ben ancorate nella terra scossa. Il primo capo di questo gomitolo è vicino nello spazio, in quanto «Bisaccia, fino agli anni ’50, era famosa per le sue tessitrici, considerate le più brave di Irpinia», ci racconta, ma lontano nel tempo, avendo legato tra loro generazioni di donne che, nella sua famiglia, arrivano addirittura al 1850, con una bisarcavola che già ne aveva fatto una professione. L’altro capo, nel 1999, arriva nelle mani di un’altra familiare, Sandra Luongo, sua zia, che in quell’anno, per ciò che usiamo chiamare caso, si iscrive ad un corso di tessitura con tecniche tradizionali e, grazie all’insegnante Elina, design tessile finlandese di base ad Assisi, si innamora del mondo tessile: «Generalmente chi ha un colpo di fulmine sceglie l’uomo o la donna della sua vita. Questo è stato il mio colpo di fulmine, e ce l’ho avuto con il telaio!»dichiara nelle interviste.

Nel 2002, a venticinque anni, Sandra inaugura, nel cuore del centro storico di Bisaccia, la bottega Tessitura Artigianale. Sono anni di grande lavoro che la portano a partecipare a fiere nazionali ed internazionali (International Gift Show di Tokyo, per citarne una) e a progettare corsi di tessitura: come una moderna Aracne, Sandra distribuisce i fili della sua arte agli/alle studenti delle scuole del circondario, a detenuti del carcere di Sant’Angelo dei Lombardi e a bambine e bambini di Bisaccia. Tra queste non può mancare Jessica, la nipotina, sin dall’infanzia ospite fissa del laboratorio con i suoi disegni di abiti colorati. Con vent’anni di differenza, tra loro instaurano un rapporto profondissimo: «amiche, sorelle, complici, entrambe siamo vivaci, sempre sorridenti, testarde, controcorrente. Non tutte hanno la fortuna di essere legate a qualcuno in questo modo e noi siamo state fortunate»Sono gli anni che portano Jessica alle scelte del futuro, a immaginare una vita che ha, come di consueto in queste terre, il sapore della fuga: appassionata di lingue straniere, si iscrive al corso di laurea in Mediazione Linguistica e Culturale all’Università Orientale di Napoli.  

Nel 2013, come un colpo di fulmine inaspettato e prepotente, una malattia, silenziosa e subdola, mostra la sua tela già avanzata all’interno del corpo di Sandra e, in poco più di un biennio, ruba alla terra il sorriso e le mani di una donna di soli quarantuno anni. È da questo momento che il filo passa nelle mani di Jessica, giovanissima erede di un sogno che, al primo impatto, ha i tratti del dolore e della mancanza: la creazione di un marchio di moda.

«Quattro mesi dopo la morte di zia, sentivo premere nella mia testa il pensiero della tessitura, ma non come era stato fino a quel momento. Volevo molto di più, volevo imparare a usare il suo telaio, telaio manuale finlandese contro-marcia, sentivo che dovevo provarci».

Altre mani esperte di donna, quelle di Concetta Mennella, artigiana di Perugia, su oracolo della prima maestra di Sandra, Elina, curano le lacune e guidano i suoi passi, ancora incerti. «Nelle due settimane trascorse in Umbria, più facevo e più mi rendevo conto che mi era tutto così semplice e, soprattutto, familiare, forse perché vedendo zia Sandra ripetere quei movimenti tutti i giorni, inconsciamente, avevo appreso tanto. Sia per me che per la mia insegnante i miei progressi, in così poco tempo, sono stati qualcosa di inaspettato. Quando ho preso in mano la navetta per poter iniziare a tessere avevo le lacrime agli occhi: ripetere lo stesso gesto che zia compiva da anni mi ha fatto sentire di nuovo vicina a lei».

Due anni dopo Jessica inaugura la sua bottega di tessitura artigianale, nello stesso punto del centro storico di un paese che, nel frattempo, prova, seppur con fatica, a creare nuove trame per legare le nuove generazioni. «Un giorno frugando tra le mie vecchie cose, ho trovato dei disegni che avevo realizzato per zia. Erano figurini di una bambina di soli 5 anni, piccole modelle che vestivano gli abiti che avevo disegnato. Mi è tornata alla mente un’immagine di zia, al telaio, che col sorriso sulle labbra fantasticava sulla creazione di un nostro marchio di moda e mi diceva: “Jessica, tu disegnerai gli abiti e io li tesserò”. Ed è stato così che ho deciso di dare vita a quel sogno. Il nome era scritto proprio in fondo a quella paginetta: JESA, Jessica e Sandra».

Il suo sogno ha la forma del fiore del cotone nel suo colore grezzo, al cui interno è l’intreccio tra la trama e l’ordito. Il progetto JESA cresce con lei, racchiudendone l’anima e la sensibilità. Ciò che lo caratterizza, sia nell’abbigliamento che nell’arredamento, è lo stile Boho: uno stile originale, etnico, con un mix di tanti colori che richiamano la natura, frange e nodi realizzati a macramè.
«Mi piace perché riesce a unire classico e moderno, risultando allo stesso tempo casual e glamour. In opposizione all’omologazione, ogni pezzo è unico e irripetibile, ha una propria identità, proprio come me: sono unica e irripetibile, lo siamo tutte e tutti. Chi ancora non lo sa, è importante che lo capisca»Dopo aver lanciato, nel 2019,  anche il suo primo profumo, 23, nel 2020, l’anno segnato dall’epidemia globale, Jessica prende parte al progetto Natural Code, in collaborazione con la rivista di moda Vogue Italia, realizzando con il suo telaio i progetti di cinque studenti di Fashion Eco-design dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Questo progetto sottolinea un altro dei principi cardine di JESA: l’eco-sostenibilità nella moda, «grazie all’utilizzo di materiali non dannosi e dal minimo impatto sull’ambiente, sia in fase di produzione che di smaltimento. I materiali usati sono cashmere, lana, alpaca, lino, cotone, seta e seta grezza, rigorosamente italiani e puri. Non uso filati sintetici o acrilici. Molti dei miei lavori nascono dal riciclo: la fibra in eccesso utilizzata precedentemente viene riciclata per produrre altro»La pandemia globale, purtroppo, ha rallentato la produzione, ma, a venticinque anni, gli stessi di Sandra all’apertura della bottega, e con una prima laurea in tasca, Jessica non ha perso la voglia di sperimentare. «Non mi pongo limiti e se ci sono li supero, o almeno ci provo. Sono una persona molto curiosa e questo si riflette ovviamente nel mio lavoro: è fondamentale e vitale la continua ricerca di nuovi filati, tecniche tessili e disegni tecnici, cercando di creare qualcosa di estremamente particolare. Per restare in questa terra ci vuole coraggio, tanta forza di volontà. Forse, l’unico modo per sopravvivere è creare qualcosa che sia unico, originale, così da poter raggiungere anche persone che vivono lontano. La mia bottega attira turisti e appassionati anche da fuori regione e dall’estero. Ho clienti in Usa, Canada, Spagna, Regno Unito, Francia, grazie alla vendita online, fondamentale per chi vive in queste piccole realtà».

Quando il mondo tornerà a scorrere velocemente e noi a poter curiosare “fuori dal comune di residenza”, sarà bello potersi rifugiare in questo piccolo mondo aggrappato al Castello ducale di Bisaccia, e farsi rapire dall’intrecciarsi dei fili di un telaio finlandese che, imponente, ha tessuto come in una fiaba animi e destini di donne fiere e indipendenti. Persi in quella meraviglia, gli occhi dolci dell’ultima testimone: «Quando tesso mi metto a nudo. Nei tessuti che realizzo c’è tutto di me: le mie emozioni, i miei dubbi e le mie certezze, le mie esperienze, ciò in cui credo. La tessitura è diventata parte di me, non potrei vivere senza di essa. È la mia ancora di salvezza. Attraverso le mie mani, zia Sandra continua a vivere».