Rubrica Nodi Ancestrali
Questo componimento è inserito nella sezione finale dei “Canti di Castelvecchio” della raccolta “Il ritorno a San Mauro” (San Mauro di Romagna, oggi San Mauro Pascoli, terra natale del poeta).
In questa poesia, Pascoli ricorda un episodio tragico accaduto durante la sua giovinezza, la morte di una tessitrice.
Come un tempo, lui le siede accanto sulla panca dove lei è intenta a tessere il sudario funebre, nel quale lei successivamente riposerà.
La tessitrice è morta ormai da anni e vive soltanto nel cuore di Pascoli, infatti lei rappresenta il simbolo dell’amore perduto.
Di seguito la poesia:
“Mi son seduto su la panchetta
come una volta… quanti anni fa?
Ella, come una volta, s’è stretta
su la panchetta.
E non il suono d’una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d’un cenno muto:
Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l’arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?
E piange, e piange – Mio dolce amore,
non t’hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò.